Mese: Ottobre 2023

Rapporto Fnomceo- Censis: ogni euro investito nel SSN ne genera quasi il doppio

foto presentazione rapporto FNOMCeO Censis

Puntare sul Servizio sanitario nazionale conviene. E non solo nel senso che fa bene alla salute delle persone: è un investimento redditizio per l’azienda Italia. Ogni euro di risorse pubbliche investito in sanità ne genera, infatti, quasi due di produzione in valore. Non solo: se l’investimento pro-capite di risorse fosse pari a quello della Germania, si creerebbero 2 milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro, e non limitatamente al settore.

A dimostrarlo, il Rapporto Fnomceo-Censis “Il valore economico e sociale del Servizio Sanitario Nazionale – Una Piattaforma fondamentale per il Paese”, che ha studiato gli impatti economici e occupazionali – diretti, indiretti e indotti – della spesa sanitaria pubblica.

Il Rapporto è stato presentato oggi a Roma da Francesco Maietta, responsabile area Consumer, mercati privati e istituzioni del Censis nell’ambito del convegno “Valore salute: SSN, volano di progresso del paese”, voluto dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, la Fnomceo, appunto, per celebrare “i 45 anni del Servizio Sanitario Nazionale, un’eccellenza italiana”. A introdurre la presentazione, il Presidente del Censis, Giuseppe De Rita.

E che il Servizio sanitario nazionale sia davvero un’eccellenza lo dimostrano i dati: l’Italia è uno dei paesi più longevi al mondo e, anche, quello con una più alta aspettativa di vita senza disabilità. Infatti, l’Italia si colloca al terzo posto della graduatoria Ue per speranza di vita con 82,7 anni dopo Spagna (83,3) e Svezia (83,1); ed è al terzo posto della graduatoria della speranza di vita in buona salute dove registra un valore dell’indicatore pari a 68,1, inferiore solo a quello di Malta (68,7) e Svezia (68,4).

“È evidente che la qualità del Servizio sanitario – spiega il Presidente della Fnomceo, Filippo Anelli – nel lungo periodo, non è estranea al fatto che l’Italia sia un caso di studio per allungamento della speranza di vita e per diffusione della longevità attiva, vale a dire per la diffusione di positive esperienze esistenziali individuali di terza e quarta età, fatte di buona salute e coinvolgimento sociale”.

Ma il Servizio sanitario nazionale è molto più che un erogatore di servizi e prestazioni sanitarie, comunque indispensabili al benessere e alla qualità della vita degli italiani.

“È un attore primario – aggiunge Anelli – dello sviluppo italiano: le risorse pubbliche destinate alla sanità vanno considerate come investimento e non come spesa, proprio perché hanno un impatto altamente positivo sul piano economico, occupazionale, della innovazione e ricerca e sulla coesione sociale”.

“Il Rapporto del Censis – conclude – disegna un affresco originale del Servizio sanitario come pilastro dello sviluppo dell’economia e della società italiana, poiché è un ambito in cui le risorse pubbliche operano come investimenti ad alto impatto su economia, occupazione, ricerca e coesione sociale. Pertanto, la spesa sanitaria pubblica emerge senza ambiguità come investimento sociale sia sulla salute degli italiani che sull’insieme dell’infrastruttura socioeconomica del nostro paese. A questo stadio, è vitale dare corso a quella sorta di promessa maturata nei periodi peggiori dell’emergenza secondo la quale la sanità sarebbe diventata una priorità dell’agenda del paese con finalmente la piena disponibilità delle risorse di cui necessita. Oggi questa è la sfida decisiva, anche perché più risorse pubbliche al Servizio sanitario significa più risorse per il sistema economico e sociale italiano ampiamente inteso”.

La quantificazione dell’impatto della spesa sanitaria pubblica sul valore della produzione è stata effettuata ricorrendo a un modello di valutazione fondato sull’analisi dell’interdipendenze settoriali, le tavole input-output di Leontief, determinando il valore economico creato per ciascun euro di spesa pubblica investito nel Servizio sanitario.

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ASA efficace come eparina nella prevenzione del tromboembolismo da chirurgia ortopedica?

L’aspirina può essere un’alternativa all’eparina a basso peso molecolare nella tromboprofilassi nei pazienti con fratture agli arti trattati chirurgicamente sottoposti a intervento o con una frattura pelvica o acetabolare?

Lo studio PREVENT CLOT si è prefisso di rispondere a questo quesito arruolando 12211 pazienti che dovevano sottoporsi ad interventi di chirurgia ortopedica maggiore per eventi fratturativi agli arti inferiori o al bacino dei quali 6101 hanno ricevuto 81 mg di ASA due volte al giorno e 6110 30 mg di enoxaparina due volte al giorno. Lo studio è di non-inferiorità, randomizzato, controllato e multicentrico; condotto presso 21 centri in USA e Canada dal 2017 al 2021.

L’età media è stata di 44.6 (±17.8) anni e i pazienti sono risultati prevalentemente di sesso maschile (62.2%). Lo 0.7% aveva storia di tromboembolismo venoso e il 2.5% di patologia oncologica. Meno del 2% assumeva terapia ormonale. In media, i pazienti sono stati trattati per 8.8 giorni durante la degenza e hanno continuato il trattamento per 21 giorni dopo la dimissione.

Nell’analisi “intention to treat” per quanto riguarda l’endpoint primario, rappresentato dalla morte per qualsiasi causa a 90 giorni dall’intervento, è risultata di 47 pazienti (0.78%) nel gruppo ASA e 45 (0.73%) nel gruppo eparina.
Per quanto concerne gli endpoint secondari, la trombosi venosa profonda (non fatale) è risultata di 8 pazienti in più ogni 1.000 trattati nel gruppo ASA [151 (2.51%) ASA vs 103 (1.71%) eparina; differenza=0.80%, da 0.28 a 1.31)] e l’ incidenza di embolia polmonare (non fatale) è stata di 1.49% in entrambi i gruppi.

Anche per la morte per embolia polmonare non ci sono state differenze statisticamente significative tra i due gruppi [4 (0.07%) ASA vs 5 (0.08%) eparina; differenza=-0.02%, da -0.12 a 0.08)]
I sanguinamenti sono risultati 6 in meno ogni 1.000 trattati con ASA [834 (13.72%) ASA vs 869 (14.27%) eparina; differenza=-0.54%; da -1.78 a 0.69].

Gli autori concludono che nella prevenzione della morte per qualsiasi causa a 90 giorni, la tromboprofilassi con aspirina si è dimostrata non inferiore rispetto a quella con eparina a basso peso molecolare nei pazienti che presentavano un trauma di natura ortopedica. Inoltre, si è osservato un rischio simile di embolia polmonare tra i gruppi, così come nessuna differenza è stata riscontrata nell’ incidenza di sanguinamenti tra coloro che avevano assunto aspirina o eparina a basso peso molecolare.

Referenza bibliografica

  1. Major Extremity Trauma Research Consortium (METRC):  Aspirin or Low-Molecular-Weight Heparin for Thromboprophylaxis after a Fracture. N Engl J Med 2023; 388:203-13. DOI: 10.1056/NEJMoa2205973

Rilettura studio Fournier getta ombre sui risultati pubblicati

E’ stata recentemente pubblicata su BMJ Open una rianalisi (1) dei dati di mortalità dello studio FOURIER (2), condotto in 1.242 centri in 49 paesi, è stato sviluppato per supportare l’indicazione di evolocumab nella riduzione del rischio cardiovascolare in prevenzione secondaria, versus placebo sugli outcomes cardiovascolari in 27.564 pazienti trattati con statina con evidenza clinica di aterosclerosi e CLDL > 70 mg/dL. Evolocumab è un anticorpo monoclonale approvato per il trattamento di pazienti che non raggiungono livelli di LDL ottimali con la dose massima tollerata di statina.
I risultati pubblicati nel NEJM evidenziano l’efficacia di evolocumab nell’abbassare i livelli di colesterolo e la superiorità verso il placebo nel ridurre gli eventi cardiovascolari. Lo studio FOURIER fu interrotto precocemente, circa 30 mesi prima dei 56 previsti.
Dopo una revisione dettagliata dei dati sulla mortalità , i ricercatori hanno riscontrato che la mortalità per infarto del miocardio era maggiore nel gruppo trattato con evolocumab (36 morti), rispetto al gruppo trattato con placebo (27 morti), diversamente da quanto riportato nello studio pubblicato sul NEJM (rispettivamente 25 e 30).
È stata inoltre riscontrata una mortalità per insufficienza cardiaca più elevata nel gruppo trattato con evolocumab (31 morti) rispetto a quello trattato con placebo (16 morti; dati non pubblicati).
La rianalisi dei dati evidenzia che 360 degli 870 morti (41,4%) registrati durante lo studio, sono stati erroneamente assegnati. Dopo la corretta riassegnazione, gli autori hanno riscontrato che la mortalità era il 20% più alta nel gruppo trattato con evolocumab rispetto al placebo, anziché il 5% come pubblicato nel NEJM nel 2017, sebbene questa differenza non fosse statisticamente significativa.

Bibliografia

  1. Erviti J, Wright J, Bassett K, et al. Restoring mortality data in the FOURIER cardiovascular outcomes trial of evolocumab in patients with cardiovascular disease: a
    reanalysis based on regulatory data. BMJ Open 2022;12:e060172. doi: 10.1136/bmjopen-2021-060172
  2. Sabatine MS, Giugliano RP, Keech AC, et al. Evolocumab and clinical outcomes in patients with cardiovascular disease. N Engl J Med Overseas Ed 2017;376:1713–22.
    doi:10.1056/NEJMoa1615664

Enzalutamide nel K prostata

Nel K prostata ad alto rischio di progressione biochimica la terapia combinata con enzalutamide e leuprolide è superiore alla terapia con sola leuprolide o sola enzalutamide sulla sopravvivenza libera da metastasi.

Lo studio di fase III ha reclutato 1068 uomini con K prostata ad elevato rischio di progressione di malattia sulla base di un tempo di raddoppio del livello di PSA inferiore od uguale 9 mesi.
I pazienti sono stati randomizzati a ricevere 160 mg die di enzalutamide e leuprolide ogni 12 settimane oppure solo leuprolide e placebo o solo enzalutamide e placebo.
L’end point primario era la sopravvivenza libera da metastasi. La durata mediana di follow up è stata di 5 anni.

RISULTATI

A 5 anni, la sopravvivenza libera da metastasi è stata del 87.3% (95% confidence interval [CI], 83.0 to 90.6) nel gruppo enzalutamide leuprolide, 71.4% (95% CI, 65.7 to 76.3) nel gruppo trattato con sola leuprolide e 80.0% (95% CI, 75.0 to 84.1) nel gruppo trattato con sola enzalutamide. Non sono stati osservati eventi avversi significativamente diversi tra i gruppi e anche le valutazioni sulla qualità di vita sono risultate non significativamente diverse.

CONCLUSIONI

Negli uomini affetti da K prostata ad alto rischio di recidiva biochimica la combinazione enzalutamide e leuprolide è risultata superiore ai due singoli farmaci in termini di sopravvivenza libera da metastasi senza aumento del rischio di eventi avversi o variazioni nella qualità della vita.

BIBLIOGRAFIA

Freedland F.J. et al.: Improved Outcomes with Enzalutamide in Biochemically Recurrent Prostate CancerN Engl J Med 2023; 389:1453-1465
DOI: 10.1056/NEJMoa2303974

Retatrutide nel trattamento dell’obesità


La retatrutide è un agonista recettoriale a tripla azione studiato nel trattamento della obesità. La molecola e’ un agonista recettoriale del GLP1, del polipeptide insulinotropo glucosio-dipendente e del glucagone. In uno studio di fase 2 su 338 obesi retatrutide e’ stato somministrato, a dosi da 1 a 12 mg, una volta alla settimana e confrontato con placebo. L’obiettivo primario era la variazione del peso a 24 settimane rispetto a quello misurato all’inizio dello studio.

E’ stata osservata una riduzione media del peso dal 7 al 12 per cento a 24 settimane e del 8,7 al 24 per cento a 48 settimane, a seconda della dose di farmaco somministrata. Nel gruppo placebo la riduzione media del peso è stata pari al 1,6 per cento a 24 settimane.

Gli eventi avversi più comuni sono stati a carico dell’apparato gastroenterico di entità lieve moderata. E’ stato osservato  un incremento dose correlato della frequenza cardiaca con un picco massimo alla ventiquattresima settimana con successiva riduzione.

Gli autori concludono che retatrutide induce una significativa riduzione del peso corporeo in adulti obesi.

Bibliografia

1) Jastreboff A. M. Et al.: New Engl J Med 2023; 389:514-526