Mese: Settembre 2023

Aifa approva vaccino anti dengue

Dengue rash

Aifa approva vaccino di Takeda Qdengua che e’ è strutturato sulla base del sierotipo 2 del virus della Dengue (DENV-2), e che tramite la tecnologia ricombinante è in grado di garantire l’immunizzazione contro tutti e quattro i sierotipi del virus Dengue. In Italia, TAK-003 è indicato per la prevenzione della malattia da Dengue causata da uno qualsiasi dei quattro sierotipi di virus Dengue, è inoculabile in soggetti a partire dai 4 anni di età e deve essere somministrato per via sottocutanea con dose da 0,5 mL in uno schema a due dosi (0 e 3 mesi) secondo il regime di dosaggio approvato. Sono sufficienti 2 dosi per raggiungere l’immunizzazione.

La vaccinazione con questo vaccino, per motivi di turismo e/o di lavoro verso le aree tropicali e subtropicali del mondo dove la Dengue è endemica, una volta messo a disposizione nelle varie Regioni previa acquisizione dalle stesse, potrà avvenire nei centri autorizzati all’ effettuazione del vaccino della febbre gialla e delle vaccinazioni contro le malattie quarantenarie e al rilascio del relativo certificato ad uso internazionale su specifico modello OMS.

Il vaccino è risultato generalmente ben tollerato, senza alcuna evidenza di aumento delle ospedalizzazioni dovute a Dengue grave nei soggetti che avevano ricevuto TAK-003, indipendentemente dallo stato sierologico, e nello studio TIDES non sono stati identificati rischi importanti per la sicurezza a lungo termine.

Fonte:

1) https://www.thewatcherpost.it/salute/dengue-anche-litalia-ha-il-suo-vaccino-ecco-lapprovazione-dellaifa/

Bibliografia

1) Rivera L. Et al. Clin Infect Dis 2022 75: 107-117

Semaglutide nello scompensato obeso con frazione di eiezione preservata

La semaglutide è utile nei pazienti con obesità e scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata non diabetici.

Lo studio STEP-HFpHF ha arruolato 529 pazienti con un indice di massa corporea (BMI) >/= 30 affetti da scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata ma senza diabete che sono stati randomizzati a semaglutide (2,5 mg una volta alla settimana) oppure placebo.
I due end-point primari erano rappresentati dalla valutazione dei sintomi secondo lo score KCQ-CSS e dai cambiamenti del BMI. Endpoint secondari comprendevano i cambiamenti nella distanza percorsa in 6 minuti, il decesso, gli eventi correlati allo scompenso cardiaco nei cambiamenti nei livelli di PCR.
I pazienti trattati con semaglutide hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo dei sintomi rispetto al placebo, una maggior riduzione del peso corporeo, un aumento della distanza percorsa nel test dei 6 minuti di cammino, una maggior riduzione dei livelli di proteina C reattiva (PCR).
Eventi avversi seri sono stati riportati nel 13,3% del gruppo semaglutide e nel 26,7% del gruppo placebo.
La semaglutide si propone quindi come un farmaco da affiancare a dapagliflozin ed empagliflozin che già si sono dimostrati utili nello scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata [2, 3,4].
Recentemente sono stati resi noti anche i risultati del trial, anticipati dalla ditta produttrice delle semaglutide [5], in cui sono stati arruolati oltre 17.000 pazienti con sovrappeso oppure obesità, senza diabete e con diagnosi di patologie cardiovascolari. L’endpoint primario era composto da morte cardiovascolare, infarto e ictus non fatali. I pazienti trattati con semaglutide hanno mostrato una riduzione dell’endpoint primario del 20% rispetto a quelli trattati con placebo.

Presi insieme i risultati di questi studi propongono la semaglutide come farmaco utile in una vasta categoria di pazienti obesi, diabeti e non diabetici, con pregresse patologie cardiovascolari o con scompenso cardiaco indipendentemente dal valore della frazione di eiezione.

Bibliografia

1. Kosiborod MN et al. for the STEP-HFpEF trial Committees and Investigators. Semaglutide in Patients with Heart Failure with Preserved Ejection Fraction and Obesity. N Engl J Med 2023 Aug 25; DOI: 10-1056/NEJMoa2306963

2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7739

3. http://ww.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7917

4. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=7739.

5. http://novonordisk.com/news-and-media/news-and-ir-materials/news-details.html?id=166301

Ondate di calore si associano ad aumento infarti

Questi i risultati di un ampio studio cinese

Le ondate di calore potenziano l’effetto dell’inquinamento atmosferico mediante una azione sinergica del calore con le particelle atmosferiche inquinanti PM 2,5. Lo dimostra uno studio effettuato da ricercatori cinesi nella provincia di Jiangsu esaminando nell’arco di 5 anni( dal 2015 al 2020) ben 202678 soggetti deceduti per infarto del miocardio, utilizzando la metodica Case-Crossover (nella quale i soggetti malati vengono utilizzati in diverse fasi della ricerca quali controllo di se stessi). Lo studio è stato commentato positivamente in un editoriale della rivista Circulation.

Secondo i ricercatori cinesi il 2,8% delle morti per infarto miocardico nella popolazione esaminata sarebbero attribuibili alla deleteria azione dell’aumento delle temperature ambientali e dell’inquinamento atmosferico, rilevato e monitorato attraverso l’indicatore della concentrazione dei PM 2,5 nell’aria. L’aumento di mortalità interesserebbe le fasce più anziane di popolazione e le donne maggiormente rispetto agli uomini. I periodi di freddo, pur registrando livelli elevati di inquinamento atmosferico, non comporterebbero un aumento significativo di mortalità per infarto del miocardio. Il livello critico dei PM 2,5 al di sopra del quale sembra accertato l’aumento di mortalità per infarto secondo i ricercatori è di 37,5 microgrammi per metro cubo di aria.

Bibliografia

1) Ruijun Xu,Suli Huang et Al.: Extreme Temperature Events, Fine Particulate Matter, and Myocardial Infarction Mortality . Circulation. 2023;148:312–323

Intelligenza Artificiale nella lettura dei referti di laboratorio

Il sistema è stato testato come strumento per supportare il paziente nella interpretazione dei risultati degli esami di laboratorio.

E’ di esperienza quotidiana la difficoltà delle persone a comprendere le risposte degli esami e la sempre maggiore tendenza a ricercare le informazioni su internet, tanto che è stato coniato il termine Dr. Google. La disponibilità di un software validato a cui chiedere spiegazione in prima istanza con parole semplici potrebbe essere sicuramente utile.
Il gruppo di lavoro sull’intelligenza artificiale (WG-AI) della Federazione europea di chimica clinica e medicina di laboratorio (EFLM) ha testato l’efficacia del sistema di Ai nell’eseguire questo compito.
I ricercatori hanno dapprima stabilito i parametri di laboratorio da utilizzare poi definito 10 scenari clinici simulati ma “realistici” e li hanno sottoposti a ChatGPT, il sistema di intelligenza artificiale (IA) che da diversi mesi abbiamo iniziato a conoscere per le sue grandi potenzialità in ogni campo della medicina.
Lo strumento è stato in grado di riconoscere tutti i test di laboratorio, evidenziare i risultati anormali e fornire una interpretazione complessiva, peraltro superficiale, non sempre corretta e, solo in alcuni casi, valutata in maniera coerente. In pratica il sistema, nella sua forma attuale, non essendo specificatamente addestrato su dati medici o di laboratorio in particolare, può soltanto interpretare un singolo referto di laboratorio, ma non un quadro diagnostico nel suo complesso.
ChatGPT è risultato sicuro, nel senso che evita di dare raccomandazioni sbagliate, ma nel complesso di scarsa utilità clinica, perché i suggerimenti forniti non hanno la qualità di quelli dei medici e sollevano il paziente dal bisogno di rivolgersi a loro solo nei casi più semplici. Gli autori fanno l’esempio di alcune risposte come: “l’ematocrito è basso, ciò suggerisce che la proporzione di volume ematico composta da globuli rossi è più bassa del normale” oppure: “il glucosio è basso, ciò potrebbe indicare ipoglicemia”. Queste frasi sono sicuramente corrette, rilevanti e sicure ma non veramente utili.
Secondo i ricercatori questi strumenti non sono ancora pronti per una valida implementazione, ma le generazioni future di IA simili, addestrate con dati di qualità, potranno rivoluzionare la pratica medica.

Bibliografia

Cadamuro J, Cabitza F, Debeljak Z et al. Potentials and pitfalls of ChatGPT and natural-language artificial intelligence models for the understanding of laboratory medicine test results. An assessment by the European Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine (EFLM) Working Group on Artificial Intelligence (WG-AI). Clin Chem Lab Med 2023; 61(7): 1158-1166

Diabete ad elevato rischio cardiovascolare: subito terapia intensiva

Secondo le linee guida dell’European Society of Cardiology nei pazienti diabetici ad elevato rischio cardiovascolare si dovrebbe prescrivere l’associazione tra un SGLT-2 inibitore e un GLP-1 agonista.


La Società Europea di Cardiologia (ESC) ha emanato le nuove linee guida sul trattamento del paziente diabetico ad elevato rischio cardiovascolare [1].
In questi casi le linee guida 2023 dell’American Diabetes Association [2] consigliano di associare alla metformina un SGLT-2 inibitore (cosiddette gliflozine: dapagliflozin, empagliflozin, canagliflozin) oppure un agonista del GLP-1 ( semaglutide, liraglutide, dulaglutide, lixesenatide, exenatide) e di passare a una loro associazione se non si raggiunge il target glicemico desiderato [2].
Secondo la ESC, invece, in questi pazienti, le due categorie di farmaci vanno usate all’inizio insieme contemporaneamente. E questo indipendentemente dai livelli basali della glicemia, dal target di emoglobina glicata e dalla terapia già instaurata.
Secondo la ESC tale raccomandazione è motivata dal fatto che le due classi di farmaci, hanno un’azione, almeno in parte additiva, nel produrre benefici cardiovascolari che sono indipendenti dall’effetto ipoglicemizzante.
Inoltre le nuove linee guida consigliano si utilizzare un SGLT-2 inibitore, indipendentemente dai livelli di glicemia e degli altri farmaci usati nei pazienti con diabete e scompenso cardiaco e in quelli con nefropatia cronica. 
Nei pazienti senza scompenso cardiaco, nefropatia cronica o cardiopatia nota si consiglia di usare un calcolatore del rischio cardiovascolare denominato SCORE2-Diabetes Risk Estimator che calcola il rischio di eventi cardiovascolari a 10 anni. I parametri considerati sono l’età, il sesso, la pressione arteriosa sistolica, il fumo, la colesterolemia, l’età in cui è stato diagnosticato il diabete, i livelli di emoglobina glicata e la stima del filtrato glomerulare. In questo modo si potranno individuare i pazienti a maggior rischio che necessitano di un trattamento intensivo. I pazienti con un rischio fino al 9% potranno essere trattati solo con metformina, quelli con un rischio maggiore con metformina associata a un SGLT-1 inibitore o un GLP-1 agonista o, se ad alto rischio, con la triplice associazione.
Può essere usata una app, denominata ESC CVD Risk Calculation, reperibile sia nei vari store.


Bibliografia

1. Marx N et al. 2023 ESC Guidelines for management of cardiovascular disease in patients with diabetes: Developed by the task force on the management of cardiovascular disease in patients with diabetes of the European Society of Cardiology (ESC). European Heart Journal. 25 August 2023. https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehad192.

2. American Diabetes Association. Standard of Medical care in Diabetes – 2023. Diabetes Care. Volume 46, Issue Supplement_1. January 2023.